Sospesa dall’insegnamento (perchè non vaccinata) il giorno in cui tutti i docenti compresi i non vaccinati potevano riprendere a lavorare. La storia di Silvia Massarelli…

Il 24 marzo il governo ha emanato l’ennesimo , si fa per dire abbiamo perso il conto in realtà, decreto, il 24/2022 con il quale ha confermato l’obbligo vaccinale per il personale scolastico fino al 15 giugno, ha abolito la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione lasciando la sanzione di 100€ per il personale non vaccinato. Ebbene in questo quadro fin qui chiaro , perché poi i nodi del decreto sono plurimi , c’è chi è stato sospeso proprio il 25 marzo in evidente contrasto con quanto stabilito dal decreto. Lei si chiama Silvia Massarelli è una docente al conservatorio Pollini di Padova nonché direttore d’orchestra con un percorso professionale brillante; è una donna tenace e battagliera. Come direttore d’orchestra di lei hanno scritto: “La sua bacchetta è di una perfetta chiarezza, sa farsi espressiva o autoritaria. Accuratamente esigente, nasconde una mano di ferro sotto un guanto di velluto”. Riuscirà a far suonare in modo intonato con la giustizia nelle aule del tribunale?

Alcuni cenni per comprendere meglio la situazione:

Per quanto riguarda la sospensione lo stesso sottosegretario al ministero dell’Istruzione Rossano Sasso, su Radio Capital ha così commentato il decreto legge: “Un docente viene sospeso quando compie un illecito penale o disciplinare. La mancata vaccinazione non rientra in nessuno dei due casi. I docenti non possono essere demansionati. Bisognerebbe mantenere almeno un minimo di serietà».

L’unione politica UCDL, Unione per le Cure, i Diritti e Le Libertà, in persona del Presidente Avv. Erich Grimaldi a seguito di segnalazioni e denunce di numerosi docenti discriminati ed emarginati a seguito dell’ultimo DL del 24 marzo 2022, ha inviato nota alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, al Ministero della Salute, al Ministero dell’Istruzione, nonché alla Corte dei Conti per indagare su un probabile danno erariale. Nel comunicato che mi è arrivato si legge: ” L’art. 8 del DL 24 marzo 2022 prevedeva,  un rientro a scuola dei docenti non vaccinati con un inconcepibile demansionamento disciplinato dalla successiva circolare 620 del 28 marzo 2022 del Ministero dell’Istruzione. Il docente non vaccinato- continua il comunicato- veniva parificato al personale inidoneo con applicazione del CCNI del 25 giugno 2008, inidoneità da accertare ex artt. 2 e 3 da parte di una Commissione Medica di Verifica presso il MEF territorialmente competente che avrebbe dovuto rilasciare un referto ad hoc, prima di demansionarlo e discriminarlo con un aumento non retribuito a 36 ore. UCDL, dunque, ha posto diversi quesiti alle istituzioni preposte e ha rimarcato l’illegittimità del demansionamento con palese umiliazione, emarginazione e discriminazione dei docenti interessati, ubicati in aule isolate o covid, contestando l’omessa certificazione medica dell’inidoneità e rimarcando l’aspetto punitivo del provvedimento per quanto dichiarato anche dal Ministro della Salute Speranza che affermava: “Il puro e semplice rientro in classe avrebbe comportato un segnale altamente diseducativo”.

L’avv. Erich Grimaldi infine ha dichiarato: “Auspico che il Governo preveda emendamenti in sede di conversione del decreto che pongano fine a tale discriminatorio provvedimento restituendo dignità e decoro ai docenti che si rivolgeranno comunque all’autorità giudiziaria per la tutela dei loro diritti”. E ha concluso dicendo : “Abbiamo trasmesso la nota anche alla Corte dei Conti affinché indaghi sull’istruttoria e sulle relative forniture dei “banchi a rotelle”, in luogo di impianti di aerazione che potevano essere risolutivi, nonché sull’illegittimo provvedimento di demansionamento, che costerà al nostro paese circa 30 milioni di euro, nonostante la cessazione dello stato d’emergenza per sostituire i docenti non ancora vaccinati con evidente e probabile danno erariale”.

UCDL ha organizzato la manifestazione “insegniamo per non discriminare” che si è svolta il giorno 19 aprile 2022, innanzi al Ministero dell’Istruzione in Roma e una delegazione di docenti ha chiesto gli opportuni chiarimenti e un colloquio con il sottosegretario “per poter prevedere- ha detto Grimaldi- emendamenti in sede di conversione del decreto che possano restituire dignità e decoro a questi lavoratori”.

Chi è Silvia Massarelli: Direttore d’orchestra Prima donna direttore d’orchestra a vincere il “Grand Prix de direction d’orchestre” al Concorso Internazionale di Besançon (Presidente della giuria Manuel Rosenthal). Premio della critica al Concorso Prokofiev di San Pietroburgo e unica vincitrice del Concorso Robert Blot di Parigi, Silvia Massarelli ha studiato al Conservatorio di Musica Santa Cecilia di Roma pianoforte composizione e direzione d’Orchestra per poi trasferirsi a Parigi dove si è laureata con il massimo dei voti all’unanimità della giuria al Conservatoire National Supérieur de Musique. Ha collaborato con direttori come M. W. Chung Laurent Petit-Girard e Cyril Diederich, e con musicisti di fama internazionale quali Michel Dalberto, Martin Spandenberg, clarinetto solo dei Muncher Philharmoniker, Claude Delangle e Jean-Yves Fourmeau, sax Solo dei Berliner Philharmoniker. Ha diretto prime assolute di numerosi compositori fra cui Jacqueline Fontyne, Edison Denisov, Lowell Liebermann, Eric Tanguy, Thierry Escaich, Lorenzo Palomo, Nicola Campogrande e partecipato al Nordic Days Musical Festival di Rejkiavik. E’ stata invitata da orchestre di grande prestigio fra le quali : New York Philharmonic,Wiener Kammer Orchester,Orchestre du Capitol de Toulouse, Orchestre des Concerts Lamourex, Orchestre Symphonique de Mulhouse, Orchestre Phylarmonique des Pays de la Loire, Orchestre Symphonique et Lyrique de Nancy, Orchestre Symphonique de Tours, Haendel Festspiele Orchester di Halle, Podlasie Opera and Philharmonic di Bialystok, Cyprus Symphony Orchestra, Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI. É regolarmente invitata a convegni e congressi sulla leadership, (straordinaria esperienza al Tribe Event – Comfort-zone Palacongressi di Rimini) e il suo percorso è apparso nel libro “Donne come noi” edito da Sperling & Kupfer che raccoglie le testimonianze di “100 donne italiane che hanno fatto cose eccezionali” Vincitrice assoluta del concorso nazionale per esami e titoli, è docente titolare della cattedra di Esercitazioni Orchestrali, disciplina che ha insegnato in vari conservatori di musica fra cui Santa Cecilia di Roma.

INTERVISTA integrale a Davide Ruggi- CEO “Innse-Berardi RU”

Mentre ero in ferie ho deciso di fare un viaggio virtuale a Mosca e sono andata a trovare un amico che vive lì dal 1988. Ve lo presento si chiama Davide Ruggi, è stato responsabile della Montedison fino al 2001 e oggi è CEO “Innse-Berardi RU”.

Con questa intervista volevo capire come stanno vivendo in Russia questo momento storico sia gli italiani che vivono lì – considerate che più di 700 aziende italiane operano in Russia- sia come stanno reagendo i russi alle sanzioni e al clima russofobo che si sta diffondendo a causa del conflitto in Ucraina che vede la Russia come stato aggressore.

ESTRATTO INTERVISTA a Davide Ruggi-CEO “Innse-Berardi RU”.

Mentre ero in ferie ho deciso di fare un viaggio virtuale a Mosca e sono andata a trovare un amico che vive lì dal 1988. Ve lo presento: si chiama Davide Ruggi, è stato responsabile della Montedison fino al 2001 e oggi ricopre il ruolo di CEO “Innse-Berardi RU”.

Questo è solo un estratto della lunga chiacchierata che ho fatto con Davide e con la quale ho cercato di capire come stanno vivendo in Russia questo momento storico sia gli italiani che vivono lì – considerate che più di 700 aziende italiane operano in Russia – che come stanno reagendo i russi alle sanzioni e al clima russofobo che si sta diffondendo a causa della loro azione militare in Ucraina.

 

(Stefano Benni, ed. Feltrinelli, 2017)

Lettura sinestesica

Pagine che scorrono tra le mani, acqua lunare che disseta e illumina la mente. L’immagine di copertina, una bellissima opera di Luca Ralli, afferra lo sguardo e ti catapulta nella dimensione di Prendiluna senza darti alternative e il viaggio inizia…

Il primo passo mosso in questo nuovo mondo creato da Stefano Benni scatena un suono nell’aria dove in trasparenza appaiono graffi musicali, è la voce di Davide Bowie: saranno le sue note a illuminare la lettura.

Consiglio di lettura.

Accompagnare la lettura con l’ascolto di Heathen di Davide Bowie. Per il palato invece si consigliano cipolline in agrodolce e champagne, per gli astemi centrifuga di melograno.

Motto: Leggere disseta.

ciò premesso…

Cos’è Prendiluna

Una favola ambientata ai giorni nostri, ma con la lucidità di tratteggiare la società attuale senza nascondere niente: nemmeno un manuale di sociologia, di psicologia e di politica insieme avrebbero potuto fare meglio.

Di cosa parla

E’ un libro che racconta l’oggi senza fare sconti a nessuno, del resto è evidente, il presente è una realtà dilaniata su molti fronti forse tutti ma Stefano Benni, usando la dimensione della favola, trova il modo, da una parte, di poter dire tutto dando al suo pensiero la forza di una libertà consapevole e amara, dall’altra, di recuperare il sogno e lasciar aperta la porta dell’impossibile. Una porta che semmai qualcuno è riuscito ad aprire non lo ha mai fatto con la ragione quanto piuttosto con una sana dose di follia.

Chi è Prendiluna

Ecco spiegato perché (forse) la protagonista, Prendiluna, da cui il titolo del libro, è una vecchia maestra strampalata in pensione alla quale viene affidata, da un gatto fantasma, la missione di salvare l’umanità, e gli altri due personaggi principali sono invece gli “ospiti” di un manicomio dal quale riusciranno però a scappare dando inizio, insieme alla maestra, alle vicende del racconto.

Gli altri personaggi

Altro dato che secondo me merita di essere portato in evidenza sono i nomi dei personaggi; non ne anticipo neanche uno, anche se confesso che nella versione precedente del post qualcuno l’avevo messo. Perché li ho tolti? Perché penso che in questo libro anche i nomi abbiano un ruolo e contribuiscano a dare forza a tutto il racconto, anticiparli quindi vorrebbe dire togliere qualcosa alla magia della prima lettura. E poi, i libri come i film, non andrebbero mai raccontati, né svelato il loro contenuto o se preferite il gergo moderno “spoilerati”. Ma, e qui non ci sono né dubbi, né opinioni contrastanti: i libri belli vanno raccomandati, questo sì, e io, Prendiluna lo raccomando con tutto il cuore: leggetelo è stupendo!

se ti è venuta voglia di leggerlo…  vai qui   per la musica qui

Per sapere quando ho incontrato Stefano Benni invece il posto giusto è qui –> Stefano Benni, Prendiluna ed io. 

Lettura sinestesica

Con “Quasi niente” siamo nella montagna di Corona e di Maieron, e la prima cosa da capire è che per affrontare ogni pagina ci vuole la giusta attrezzatura: moschettoni, chiodi, picozza, corde varie, per salire o per scendere, questo dipende sempre e solo dal punto di partenza che è fuori dal libro, di solito di fronte.

Un appiglio sicuro comunque, pagina dopo pagina, lo offre Luigi Maieron, perché riporta la narrazione sempre alla sua essenza, al suo fine. E lo fa anche là dove ricorda la saggezza montanara, cioè la capacità di guardare “sempre la vita dall’angolazione dell’essenzialità”. Ma cos’è l’essenzialità? È eliminare il superfluo, dice, andare subito alla sostanza, al cuore delle cose. La chiama saggezza montanara. Saggezza? Forse, di sicuro però, è un atteggiamento che ha il suo rovescio; andare direttamente all’essenza delle cose seguendo la linea retta, può avere cioè  l’effetto di una stilettata o di un bisturi e quando la mano non è quella di un chirurgo esperto, può fare molti danni. Questo il problema di alcune persone.

La sensazione leggendo questo libro è che le pagine, tornino alla loro essenza, sono di legno, alberi ancora vivi che coprono le montagne e ogni montagna non è che il pezzo di una storia dura, difficile, costellata dal dolore, dal fallimento, che può essere superato certo, ma solo vivendo.

Consiglio di lettura.

Porsi una domanda: di cosa ho bisogno per essere felice davvero?

Di cosa parla il libro

Racconta le storie degli ultimi, delle persone che hanno dovuto affrontare ostacoli duri e l’hanno fatto, a modo loro. Anche arrendendosi. Questo ‘Quasi niente’, è un libro che dedica le sue pagine alla sconfitta, al fallimento, ma che, secondo gli autori, hanno diritto comunque di essere ricordati, bisogna “lottare contro la dimenticanza” afferma Mauro Corona. E un passo che coglie il senso di tutto è il seguente:

“In realtà dobbiamo capire che nessuno è un fallito. Uno nasce, cresce e muore con quello che gli capita”.

Ditelo a chi vi giudica,  a chi fosse stato nei vostri panni.. e chissà…che fine avrebbe fatto…

Il fallimento è un’opera pia?

Questo è quello che alla fine afferma Corona, che tra le sue (troppe) citazioni, mette anche uella di  François de la Rochefoucauld: “nelle disgrazie dei nostri amici c’è sempre qualcosa che non ci dispiace affatto, perché noi non siamo buoni”. Il fallimento degli altri in altre parole ci renderebbe felici, e in quest’ottica, il fallimento, si trasforma in una vera e propria “opera pia”, un modo per fare del bene agli altri, “chi fallisce di fatto rende felice un sacco di persone”.

Punto dolente del libro

L’abbiamo già detto in apertura, con “Quasi niente” Mauro Corona e Luigi Maieron ci portano nelle loro montagne. Corona è uno strano scrittore dal carattere plasmato dalle vette su cui si arrampica, forse per cercare di risalire la sua anima e guardarla in faccia,  ha sì i modi semplici della gente di montagna, ma il suo pensiero sa avere anche la profondità vertiginosa dei precipizi che si incontrano nelle camminate più impegnative.

Tuttavia, e arrivo al punto,  in questo libro c’è troppa autoreferenzialità, troppe citazioni, troppo bisogno di dover dimostrare qualcosa. E ancora di confessarsi ma solo per autoassolversi: “sono stato un esibizionista , ma leale”, “ho interpretato Giuda per vent’anni la notte del Venerdì Santo durante la processione qui a Erto… tanto che ho continuato a tradire. Però ho la lealtà di confessaro” e ancora “Sono stato un lazzarone però bonario”. Insomma c’è tutto un universo di normalità, cioè di vanità, di tristezza, di vita che lui, Corona, si diverte a camuffare o a nascondere infilandola nei libri. Ma questo approccio, secondo me ha sminuito proprio quell’essenzialità che il libro vorrebbe invece esaltare.

Ps. Ma, se c’è da una parte Corona che tira la narrazione troppo su di sè e sulle citazioni che affollano le pagine, per fortuna c’è Maieron che la riporta alle storie narrate, a quel che sono, semplicemente. Quasi niente in realtà è tutto il resto.

Dietro le quinte del Teatro Verdi

Era la serata di chiusura di PordenoneLegge… eravamo Lui ed io, uno di fronte all’altra dietro le quinte del Teatro Verdi di Pordenone (si d’accordo non eravamo soli ma per me era come se lo fossimo).

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Stefano Benni

Io, con la consapevolezza di avere davanti a me uno scrittore magnifico, uno che fa vivere nella sua letteratura tutta la varietà che esiste in una lingua, riuscendo così a rappresentare la vita in tutte le sue sfumature con abilità chirurgica e dissacrante; e Lui, che pur concentrato nel dover entrare in scena davanti a un teatro stracolmo, a me, una tra le tante persone che incontra per lavoro, al momento donnina schermofila (per dovere), ha dedicato due parole e la dedica sul suo libro con modi semplici, spontanei e riflessivi.


Compaiono i personaggi

Poi è andato sul palco e proprio come parlava con me dietro le quinte, nello stesso modo, con la stessa naturalezza ha iniziato a parlare a non so quante persone. L’unica differenza, rispetto a quando era con me dietro le quinte, è stata che sul palco con lui, improvvisamente, sono comparsi tutti i personaggi di Prendiluna, sbucavano lentamente da dietro i drappi del teatro, lo sostenevano e guidavano nella lettura dei brani mentre, dall’altra parte, il pubblico ascoltava, rideva, si riconosceva, rifletteva.

 


IN COSA CREDE STEFANO BENNI

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Ma sul palco c’è stato anche spazio per alcuni racconti intimi, Stefano Benni infatti ha raccontato di quando gli hanno chiesto se era credente e lui ha risposto: “Io sono molto, molto, molto, credente. Io credo nella grandezza dell’universo, dei sentimenti, delle emozioni, credo nel dolore, nella sofferenza, credo nell’amicizia, credo nella Nutella. Credo in un sacco di cose.” Poi prende fiato e dice scandendo bene le parole: “N o n   c r e d o     p e r   n i e n t e   nelle religioni monoteiste specialmente quelle che usano le parole  E R E  S I A   E  I N F E D E L E.


Prendiluna, Stefano Benni , ed. Feltrinelli

Come è nata Prendiluna

Poi ha svelato a tutti di quando aveva deciso di non scrivere più romanzi, e ne era convinto, sino al giorno in cui ha ricevuto la mail di una studentessa straniera che gli ha scritto, con un italiano incerto, che avrebbe tanto voluto scrivere una tesi su di lui “perchè è ancora momentaneamente vivo”. La ragazza intendeva che posto che è vivo poteva fargli un sacco di domande, ma in realtà, ha spiegato Benni, quella frase ha espresso un concetto filosofico notevole e – ha detto – “mi ha ricordato che sono momentaneamente (ancora) vivo, e devo approfittarne”: da questa riflessione è nato “Prendiluna”.

 

E qui mi fermo. Le cose raccontate sul palco sono state tante, “l’incontro con l’autore” , come si dice, è stato meraviglioso, si è perso di sicuro qualcosa chi non ha potuto assistervi. Io ho cercato di raccontarne i tratti salienti tralasciando la lettura dei brani del libro perché o si ascoltano dall’autore e Benni  sul palco del Verdi di Pordenone è stato esilarante, o si legge il libro. per quanto riguarda quest’ultimo punto io l’ho letto e credo che lo rileggerò e rileggerò ancora…Se volete sapere perché continuate a leggere qui Prendiluna. 

Lettura sinestesica

Il muschio ricopre le pagine come un tempo faceva con le cortecce degli alberi. La sensazione mentre si legge è quella di avere qualcosa di vivo tra le mani, parole come corpi che si agitano in un bosco mentale, misterioso. Voltando le pagine si sprigionano gli odori del fango, del temporale, del tempo.

Il suono che tiene vigile il lettore è quello della nota sol che regge tutto il romanzo mentre i colori sono il verde bottiglia e il blu di prussia.

Consiglio per la lettura

Immergetevi in un luogo della mente. Immaginatevi seduti su un bel divano di quelli vissuti, con i bottoni che stringono la pelle, mentre guardate una vetrata ampia a quadrettoni che dà su un cortile ricco di vegetazione rampicante e strisciante. Sul tavolino basso di vetro davanti a voi c’è una ciotola bianca riempita con del cioccolato fondente alle nocciole, già tagliato a pezzi irregolari. In mano state reggendo uno di quei bicchieri rotondi molto panciuti riempito a un terzo da un cognac che profuma di fiori selvatici della zona del Fins Bois. Sul tavolino, in parte al cioccolato, c’è un libro, la copertina gialla attira la vostra attenzione, e notate che sopra vi sono disegnate tre pistole e una stilografica, nel titolo “Il fratello unico” c’è qualcosa che vi attira, allora lo afferrate,  lo aprite e improvvisamente vi troverete nel mondo di Saul ….

Saul Lovisoni: uno Sherlock Holmes dal fascino italiano. 

 Il fratello Unico” (ed. Mondadori) è il primo giallo pubblicato da Alberto Garlini, scrittore di romanzi di grande eleganza letteraria e curatore, insieme a Gian Mario Villalta e Valentina Gasparet, di Pordenone legge.

Il protagonista

Saul, è un uomo misterioso, estremamente intelligente e affascinante che nonostante una laurea ad Harvard, e per motivi che saranno tutti da scoprire, sceglie di fare il poliziotto. Ha la passione per la scrittura ma dopo la pubblicazione di un libro che avrà enorme successo perde l’amore della sua vita, e non riesce più ad andare avanti. Si ritira allora dalla vita per un po’ sino a che, sempre la vita con “le sue necessità”  lo richiamerà. Si reinventa, diventa detective, si trasferisce in un casolare in mezzo alla campagna nella bassa parmigiana e mette un annuncio: “Cerco una segretaria che sappia leggere, lavoro di investigazione e di archivio”. L’annuncio pare bizzarro ma appunto, pare.

La voce narrante

Margherita, una ragazza di ventisei anni, è la voce narrante. Saul e Margherita iniziano a lavorare al loro primo caso pochi giorni dopo l’assunzione di Margherita, quando una donna, appartenente a una famiglia molto benestante, unita intorno al padre malato, dà loro l’incarico di ritrovare il fratello quarantenne scomparso misteriosamente. I luoghi del racconto sono immersi in un paesaggio tardo-autunnale in cui la nebbia confonde ogni cosa e la vista deve lasciare spazio all’ascolto.

La musica

Il ritmo del libro si percepisce attraverso la musica che risuona tra le pagine: rock nel casolare, classica nel castello della famiglia. Poi c’è il fiume che tra le due abitazioni scorre e scandisce il tempo che definisce la distanza da un fratello scomparso ma anche la profondità del dolore di una madre che ha perso il figlio. Saul Lovisoni con un originale metodo investigativo che mette al centro l’analisi psicologica dei personaggi, alla fine risolve il caso tenendo l’attenzione e la curiosità del lettore sempre alta. Alberto Garlini, usando abilmente le tecniche narrative di cui è maestro, non perde l’occasione per fare l’occhiolino al lettore e indicargli uno strumento di grande utilità: quel “saper leggere” dell’annuncio infatti è uno strumento formidabile per comprendere i meccanismi della vita, e seguendo l’originale metodo investigativo di Saul ne possiamo carpire i segreti. Basta saper leggere appunto.

lo potete trovare qui Il fratello unico di Alberto Garlini

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Magritte, Van Gogh, Basquiat, Mondrian, Dalì, ovviamente sono tutti nomi di (alcuni) grandi pittori dell’arte moderna. Appartengono al gruppo dei migliori, i più conosciuti, i più amati, sacre divinità nell’olimpo della pittura e per questo intoccabili. Per un non addetto ai lavori cercare di comprenderne la tipicità, l’essenza della bravura è assai difficile. Nel web si girovaga da un sito all’altro alla ricerca di una chiave di lettura, un aiuto nell’interpretazione ma ci si ritrova a leggere sempre le stesse cose: sterili sequenze di parole, incapaci di trasmettere l’anima, la forza (o la debolezza) del pittore. Perché Renoir, ad esempio, è un pittore importante? Cos’hanno i suoi quadri in più? Cosa è stato capace di fare di diverso rispetto agli altri? Sono domande inutili?! Eppure Edouard Manet disse: “Renoir è un ragazzo senza talento. Ditegli, per favore di smettere di dipingere”. Questo è solo un caso, ma sicuramente ce ne sono altri anche in altri ambiti artistici. Aneddoti certo, ma che parlano di critica e opinioni diverse. Che fine fanno poi questi punti di vista personali? Perché quando un artista diventa “grande”, giudizi diversi su di lui sono una rarità? Quanti invece, sono i “grandi” artisti rimasti anonimi solo perché non incensati dalle giuste persone? O peggio ancora, morti poveri perché chi aveva il potere di farli emergere ha preferito aspettare pazientemente? La critica è strana, spesso, inutilmente feroce, specie con lo sconosciuto, ma ossequiosa e compiacente con chi è già stato piazzato sul piedistallo. Ecco perché, forse, meglio di milioni di parole sul web, di questi grandi artisti, ho imparato qualcosa in più proprio da chi di essi in fondo si è preso gioco. Mi riferisco a Philippe Wattez, in arte Lipphi, presentato nello Spazio d’Arte del vivaio Bejaflor di Portogruaro il 9 gennaio 2016. La mostra mi è piaciuta. Molto. L’artista ha avuto il coraggio di reinterpretare le opere dei grandi. Non si confronta con loro. Semplicemente li guarda con uno sguardo monello e li ridisegna con l’ironia dei bambini, con uno spirito dissacrante ma puro e di stima. «Il Modigliani» di Wattez in particolare è unico, stupendo. La donna col collo tipico della pittura di Modigliani non poteva essere più eloquente. Il collo di Lipphi non è dritto ma piegato, non troppo, il giusto per sfidare la gravità e l’anatomia sottolineando il rischio che si era preso il pittore italiano. Wattez dimostra un’ironia finissima capace di esaltare e far entrare nell’opera e nella personalità degli artisti, ma dichiarando con chiarezza e al contempo la propria personalità e il proprio carattere. Riesce ad usare la caratteristica dei grandi pittori per farla diventare anche voce, distinta, di se stesso. In questo processo artistico una stessa idea è sacra e dissacrata al contempo, e l’artista di ieri, musa ispiratrice di oggi, ne è totalmente complice.

Gli autori che hanno ispirato l’opera di Lipphi, sono: Frida Calo, Pollock, Basquiat, Mirò, Gauguin, Dalì, Modignani, Picasso, Haring, Warhol, Matisse, Mirò, Mondrian, Rothko, Bacon, Giacometti, Leger, Lichtenstein, De Chirico, Van Gogh, Magritte. Per vedere questi lavori pieni di energia c’è tempo fino a fine gennaio nello spazio arte del Vivaio Bejaflor a Portogruaro.

Marianna Maiorino

Riempiamoci gli occhi di arte, diamo nutrimento all’anima, ne gioveranno anche mente e corpo.