Per fortuna mio marito ha comprato il libro prima di ascoltare la presentazione! Il 3 giugno infatti ero andata alla presentazione del libro di Telese, “Gioventù, amore e rabbia”, ne ho scritto anche un pezzo che trovate nel blog. Ma quella sera, se avessi atteso la fine del confronto io non avrei mai comprato il libro, mio marito invece che temeva nella fila decise di sbrigare immediatamente la pratica e lo comprò così a scatola chiusa. Per fortuna!
Innanzitutto è un libro scritto bene, le frasi si susseguono rapide, il linguaggio è equilibrato e la lingua italiana è usata con eleganza e sobrietà. Il racconto è intenso, anche se più volte leggendolo mi son ritrovata a pensare ai “Ragazzi della via Pàl”, ma non vuol essere una critica. Il libro di Telese, giornalista del Fatto, commuove e fa incazzare. Se hai non più di quarant’anni con molta probabilità ti rivedi e, purtroppo, trovi in quelle storie anche la tua e ti scappa quel pensiero: “Allora è così anche per altri!”. Già “per altri” e quelle due parole per un attimo fungono da consolazione come nel detto “mal comune mezzo gaudio”. Certo esistono anche i privilegiati, quelli con un cognome che funge da passepartout e anche quelli che il mondo hanno capito subito come gira e si sono adeguati a quel meccanismo spudorato facendo buon viso a cattivo gioco. Ma, escluse le due ultime categorie molto esigue peraltro, “gli altri” son tutti nel calderone senza grandi differenze: sono i precari, i cassaintegrati o comunque gli sfruttati da qualcuno che si arroga il diritto di abusare della propria forza economica e politica.
Telese, racconta molto bene la storia di queste categorie, le sue parole suonano sentite, proprio come qualcuno che c’è passato. Racconta i suoi inizi, le sue delusioni arrivando addirittura a scrivere “ Se sono diventato giornalista io, che ho iniziato così, può davvero diventarlo chiunque”. Ma qui sospetti che, forse, nel racconto della sua storia personale manchino dei pezzi fondamentali. A parte questo, la descrizione della moltitudine è veramente ben rappresentata mentre la storia dell’autore funge solo da scenografia dove in realtà si muovono altri personaggi. Lucilla Calabria, la giornalista Maria Teresa, Ascanio Celestini, gli operai dello stabilimento di Porto Torres, Maria operaia della Fiat. Tutti vittime del famigerato sistema Italia insieme ai ragazzi dei centri sociali che “non sono partigiani come sognano, non sono eroi come pensano e non sono nemmeno demoni come li dipingono….Sono quello che bisogna capire, se si vuole impedire che l’Italia diventi un nuovo campo di battaglia”.
In conclusione è un libro che consiglio: leggetelo.