Le immagini riportate in questo articolo sono di qualche anno fa perché ogni tanto bisogna tornare là dove tutto è cominciato, là dove la violenza verbale ha avuto inizio. Ebbene queste immagini evidenziano nella comunicazione pubblica, l’uso di un linguaggio divisivo, carico di aggressività e discriminatorio, usato (allora e oggi) per affrontare tematiche complesse come la gestione sanitaria e i vaccini. E la cosa ancor più grave è che a pronunciarle sono state (e sono)  persone influenti, rappresentanti istituzionali, giornalisti, esperti, il cui impatto è ancora più profondo nel riuscire ad amplificare il conflitto sociale e disgregare il dialogo.

Leggendo le dichiarazioni riportate nelle immagini, emergono alcune caratteristiche comuni che illustrano il modo in cui il linguaggio viene usato come strumento per polarizzare e stigmatizzare. Molte frasi riportano metafore estreme, come “talebani” o “parassiti”, che non solo disumanizzano l’interlocutore, ma lo relegano in una categoria moralmente inferiore. Paragonare i non vaccinati a terroristi, ad esempio, è una scelta retorica che richiama immagini di pericolo e distruzione, alimentando la paura e la rabbia. Inoltre, affermazioni come: “Non chiamateli no vax. Chiamateli delinquenti” trasformano una posizione, giusta o sbagliata che sia, in un crimine morale. Altre dichiarazioni esprimono un inquietante piacere nel vedere soffrire gli altri, come “Mi divertirò a vederli morire come mosche”, talmente violente e cariche di cinismo brutale e disumanizzante che non meritano nemmeno un commento.

Parole come  “no vax” e “complottista” inoltre altro non sono che etichette, strumenti retorici per semplificare una realtà complessa e liquidare opinioni divergenti senza un vero confronto. Il termine no vax, ad esempio, viene spesso utilizzato per descrivere qualsiasi critica al vaccino o alla gestione pandemica, senza distinguere tra chi ha dubbi legittimi, chi solleva questioni scientifiche o chi rifiuta ideologicamente le vaccinazioni. Questa generalizzazione appiattisce il dibattito, impedendo di distinguere tra posizioni argomentate e disinformazione. Il risultato è una narrazione polarizzata, in cui chiunque osi esprimere riserve viene bollato come ignorante e/o pericoloso. Allo stesso modo, il termine complottista viene utilizzato per screditare a priori ogni opinione che mette in discussione il discorso dominante. Anche se è vero che alcune teorie del complotto possono essere infondate, etichettare automaticamente una persona come complottista perché sostiene qualcosa di diverso, blocca il dialogo e delegittima ogni tentativo di portare argomenti diversi sul tavolo. L’uso indiscriminato di queste parole crea un clima di “pensiero unico”, in cui il dissenso viene elevato a “illecito” e percepito come una minaccia, anziché come una risorsa per migliorare le soluzioni comuni e creano l’idea, questa sì pericolosa, che chi non si conformi rappresenti una minaccia per il bene comune. Questo approccio sfrutta il senso di appartenenza, la creazione di clan, con lo scopo di  isolare ( come fanno i bulli a scuola) chi si pone in modo critico o non si adegua. Ad esempio: “Chi non si vaccina è un irresponsabile, egoista e opportunista. È un parassita”, sono parole che incitano all’odio verso una specifica categoria di persone, creando solo divisione. Questo linguaggio di odio diffuso sui social e tramite i media, normalizza l’aggressività, spoglia le persone della loro dignità individuale, riducendole a una categoria da condannare o addirittura eliminare. Inoltre quando usato da parte di leader e figure pubbliche questo linguaggio legittima comportamenti violenti e persecutori, sia online che offline.

Conclusione

Il linguaggio è uno strumento potente. Può distruggere, dividere e umiliare, ma potrebbe se ben usato, anche unire, educare e ispirare. Oggi è doveroso reimparare ad ascoltare e ad accettare le opinioni diverse, e successivamente a imparare a scegliere con attenzione le parole, soprattutto quando si trattano temi delicati che toccano la vita di milioni di persone. Parole come “no vax” e “complottista” oltre a non rappresentare la realtà che è ben più complessa, vengono usate solo per dividere e alimentare il conflitto e rifiutare il dialogo. Superare la retorica dell’odio e costruire un dialogo civile è una responsabilità collettiva, che parte dall’esempio di chi ha maggiore visibilità, per arrivare al contributo di ogni singolo cittadino. Solo così sarà possibile ricostruire un dibattito pubblico che non si basi su etichette e attacchi, ma su rispetto e ascolto.

Chi ha creato questo clima, (bisogna tornare alla gestione della pandemia dei primi anni , e quindi ai governi Conte e Draghi), è responsabile di una frattura seria e pericolosa nella società, basta fare un giro sui social e vedere post e commenti. Stiamo assistendo a un ritorno alla logica del branco, in cui c’è l’influencer, il politico, o capetto di turno, che prende di mira qualcuno, lo bullizza con il suo clan, magari bloccando la vittima dai social sicché non possa nemmeno replicare e difendersi.

C’è chi addirittura arriva a invitare datori di lavoro a licenziare la persona. Siamo al ritorno di una certa bestialità che così l’umanità però non aveva ancora mai vissuto. Mala tempora currunt.

Le immagini riportano alcune pagine del quotidiano la “Verità” che ha raccolto le frasi d’odio di alcuni personaggi pubblici. Ma l’attualità è piena di altri esempi anche peggiori.

Marianna Maior

Nel post pubblicato sul suo canale  telegram dall’ex Presidente russo Dimitri Medvedev, ci sono frasi dure e non consone né al momento né tanto meno profilo istituzionale di chi le pronuncia. Riporto qui di seguito la traduzione riportata dallo scrittore Zahar Prilepin sempre su telegram  condividendo il post di Dimitri Bahur.

“Mi viene spesso chiesto perché i miei post sono così graffianti. La risposta è che li odio. Sono bastardi e degenerati. Sono bastardi e degenerati. Vogliono la morte nostra, della Russia. E finché vivrò, farò di tutto affinché essi scompaiano”. Queste sono le vere parole di Medvedev che hanno subito però diversi maneggiamenti nella stampa internazionale.

In un giornale Finlandese il primo che ha riportato il Post dell’ex Presidente Russo la frase dopo la traduzione è diventata: “Faccio tutto ciò che è nelle mie forze per cancellare gli ucraini dalla faccia della terra”.  Prilepin aggiunge :”Dmitrij Anatolevič è un giurista e quindi penso che l’editore finlandese dovrà presto spiegare in tribunale come lavorano i suoi traduttori e i redattori. Calunniare non sta bene.” Nell’immagine dell’edizione finlandese le parole riportate nel titolo sono proprio : “Faccio tutto ciò che è nelle mie forze per cancellare gli ucraini dalla faccia della terra”.

Ma la cosa che va sottolineata è che nel riportare il post pare che nessuno abbia chiarito in che contesto il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo abbia scritto quel post.

Io credo di averlo trovato.

Il post era a commento di un siparietto molto triste che ha visto come protagonista la ministra della cultura tedesca, Claudia Roth ( guardate il nel video sopra riportato).

Come vedete la Roth ha due biglietti in mano in uno legge “fuck you” nell’altro “Russia”, che non credo di dover tradurre. La ministra legge e ridacchia circondata da un gruppetto di persone, poi ripete Fuck You – e – warship russian  ( fanculo e navi da guerra russe) . Il tutto avviene durante la visita della ministra tedesca ad Odessa.

Medvedev ha scritto il suo commento dopo aver ascoltato e visto questo siparietto.

Comunque le sue parole sono fuori luogo sia chiaro, ma non si può prescindere dal contesto. Le parole e il comportamento della ministra sono disdicevoli e ignobili e non fanno altro che fomentare l’odio in un momento in cui c’è bisogno di placare le tensioni. E il nostro ministro degli esteri, Luigi di Maio, non può esprimersi facendo finta di niente vedendo solo una parte del racconto, fingendo che gli occidentali si comportino in modo impeccabile  quando poi saltano fuori questi video che sono imbarazzanti.

E’ imbarazzante e doloroso vedere di essere rappresentati da queste persone, che forse non hanno capito che stiamo camminando sul filo del rasoio e ogni errore in questa fase segna il cammino verso la terza guerra mondiale nella peggiore delle ipotesi e nella  migliore verso l’impoverimento dei cittadini europei , in particolare degli italiani, tutti infatti stiamo già facendo i conti con sanzioni che seppur dirette verso la Russia presenteranno il conto, molto salato, a tutti noi . Viene da chiedersi se non lo capiscano proprio o se il loro obiettivo non sia proprio quello: ridurci in povertà.

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