
Per la prima volta nella storia diplomatica recente, gli Stati Uniti hanno revocato i visti a esponenti dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) e dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) in vista dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che si aprirà il 9 settembre a New York.
L’annuncio è arrivato dal Segretario di Stato Marco Rubio. Secondo il Dipartimento di Stato, la decisione si inserisce nella linea dell’amministrazione Trump, intenzionata – si legge nella nota ufficiale – “a non premiare il terrorismo”. Prima che i palestinesi possano essere considerati “partner di pace”, continua il comunicato, dovranno ripudiare l’incitamento alla violenza, compreso “il massacro del 7 ottobre”, e rinunciare a strategie parallele come il ricorso alla Corte penale internazionale o la richiesta di riconoscimento unilaterale dello Stato di Palestina.

Una mossa “diplomatica” – si fa per dire- che rompe con la prassi consolidata: mai era accaduto che gli Stati Uniti negassero l’accesso a New York a una delegazione riconosciuta presso l’ONU. Solo un’eccezione è stata concessa: la missione palestinese già accreditata presso le Nazioni Unite potrà continuare a operare grazie a una deroga prevista dall’Accordo di Sede tra Stati Uniti e ONU.
Le reazioni
La risposta palestinese non si è fatta attendere. L’ANP ha definito la decisione “illegale” e “una violazione del diritto internazionale”, invocando il rispetto dell’accordo che obbliga Washington a garantire l’accesso a tutte le delegazioni dirette al Palazzo di Vetro. Abu Mazen ha chiesto un ripensamento immediato.
Israele, ha invece brindato al provvedimento. Il ministro Gideon Sa’ar ha parlato di “passo coraggioso”, ringraziando apertamente Rubio e l’amministrazione Trump per la fermezza mostrata.
Andrebbe ricordato a questo punto però a chi legge, il forte legame tra il governo Trump e Israele. Non solo. La campagna elettorale di Trump è stata finanziata in gran parte da Miriam Adelson , miliardaria ebrea americana, con circa 100 milioni di dollari. In cambio di cosa? Considerate le opinioni della Andelson e il suo sostegno a Netanyahu non è difficile da ipotizzare. Quindi diciamo che se non altro, il sospetto, dell’assenza totale di imparzialità, nelle decisioni degli Stati Uniti, c’è tutto.
Un’esclusione comunque, quella operata dal ministro Rubio che niente ha a che vedere con lo spirito che dovrebbe animare l’ONU.
Inoltre la scelta di Washington non colpisce un’organizzazione armata designata come terroristica, ma due istituzioni – l’OLP e l’ANP – che, pur tra contraddizioni e debolezze, rappresentano da decenni l’interlocutore politico ufficiale della comunità internazionale per il popolo palestinese.
Gli USA a mio avviso stanno escludendo, e quindi negando la parola ai palestinesi, in una sede come l’Assemblea Generale. L’inaudito della scelta sta proprio qui: limitare l’accesso di una delegazione nazionale in un’arena che dovrebbe garantire a tutti i popoli rappresentanza e voce. Non un premio, ma un diritto. La pace, non nasce dal silenzio imposto, dai bavagli, ma dall’ascolto reciproco – anche quando le posizioni sono lontane, e’ questa la sfida! Il resto è dittatura, prevaricazione, barbarie. Questo sta mostrando l’America di Trump, questo sta dimostrando Israele.